Felix Kiessling: Vavilov
Felix Kiessling
Sin dal nostro primo dialogo relativo al progetto ‘’Vavilov’’ con Felix Kiessling abbiamo avuto l’impressione di imbatterci in qualcosa di incontrollabile rispetto alle nostre possibilità di previsione, navigare con una piccola barca sino a posizionarsi sopra un vulcano sottomarino al centro del Tirreno per poi far scendere una corda con un peso fino a toccarne la sommità a circa ottocento metri di distanza onde stabilire una connessione fisica con qualcosa al di fuori della nostra naturale portata.
Da allora molte emozioni, dall’euforia al panico, sono state condivise durante una estesa corrispondenza in cui ci siamo confidati paure, riserve, speranze, prospettive.
Mentre ci confrontavamo, ci eravamo convinti che questo lavoro fosse di pari importanza rispetto all’ esperienza dell’azione stessa. Ci siamo imbattuti in circostanze talvolta favorevoli, talvolta impreviste e nei giorni stabiliti per l’azione, cinque giorni prima della mostra, si sono profilati dei timori riguardo alla percorribilita’ a causa delle condizioni meteorologiche.
Nel momento in cui ho rivisto Felix dopo più di un giorno di navigazione, quando il sole finalmente brillava sul pontile del porto di Pozzuoli, ho notato nel suo volto una serenità che aveva sicuramente conquistato in viaggio, uno status di calma conseguente alla realizzazione di una non facile impresa.
Al ritorno presso la galleria, dopo che Felix realizzò degli esperimenti con la stessa corda utilizzata nell’azione in mare sfruttando le lunghezze delle facciate esteriori dell’edificio, siamo stati d’accordo nel fatto che se anche avessimo avuto molto altro tempo a disposizione saremmo giunti alla medesima conclusione, l’illuminante costatazione che si arriva ad un gesto semplice dopo un’esperienza complessa, essendo in fondo essa stessa un “tentativo”.
In questo modo la mostra presso la galleria intende dare rilievo ed evidenza più alla dimensione precedente al vedere, il credere, che alla tangibilità della lunghezza, che si puo’ ammirare in alcune fotografie dell’ azione mentre la corda disegna un vettore di cento metri nel mare nel momento in cui viene ritirata, visibili a parte in un libro che fa da complemento alla mostra contenente una selezione della vasta documentazione fotografica.
La sensazione dell’intera esperienza, vissuta in un altro luogo, anche solo mentale, è definitivamente riarticolata nel solo dialogo tra il peso che sta per toccare fisicamente il suolo e due fotografie della corda che entra e svanisce nelle profondità del mare.
Come contrappunto, all’entrata, “Stratosphere”, due matasse di filo disposte casualmente per terra evocano un’altra lunghezza.
Infine, durante la mostra, Felix Kiessling ha realizzato un’altra azione, “Weltwasserspiegelsenkung Tiber 2015″ (“Riduzione del livello globale dell’acqua”) in cui ha immerso una pietra in un contenitore di vetro per esperimenti di laboratorio riempito con due litri di acqua del fiume Tevere.
Mario Iannelli