Baldo Diodato: Works from the performance
Dal 5 maggio al 16 giugno 2021 la Galleria Mario Iannelli ha il piacere di presentare “Works from the performance” la mostra di Baldo Diodato che espone le opere create dalla performance “Frottage Multicolore” ed i calchi in alluminio realizzati nella parte esterna della galleria, entrambe eseguite in occasione dell’inaugurazione della mostra collettiva “Cast”.
La mostra è introdotta da un testo di Mario Iannelli.
E’ stato emozionante aver dato luogo alla realizzazione della perfomance “Frottage Multicolore” di Baldo Diodato che conosco da quando ho iniziato a lavorare a Roma e con cui ho avuto adesso l’opportunità di condividere la ricerca della galleria sviluppatasi a Berlino e averlo fatto nel tempo attuale dando vita ad un momento di concreta condivisione e prossimità che è stato sentito intensamente dai partecipanti.
Entusiasmante è soprattutto il lavoro che continua secondo un processo di cui si conosce il rituale ma che rimane aperto sempre a nuove scoperte. La ripetizione dell’azione le cui origini risalgono agli anni Settanta e a quelli vissuti da Baldo a New York ha riportato a quelle emozioni in maniera autentica.
Su 60 metri quadrati di galleria (erano 600 mq nella Alessandra Gallery di New York nel 1976) ha concepito un’esperienza collettiva calibrata sul colore come puro elemento di scambio comunicativo, mentre le prime performance di frottage in strada e su pavimento venivano realizzate con un sandwich di tela contenente carta copiativa in cui il segno del cammino rimaneva nella tela sottostante.
Le tracce di coloro che hanno attraversato la tela sono gli strumenti del linguaggio di Diodato che spesso sorridendo afferma che “questi quadri non sono male per essere fatti con i piedi” o “l’opera, la faccio fare agli altri”.
Il senso di universalità e globalità dell’atto pervade la visione di cui è possibile apprezzare il risultato in queste opere ricavate dalla performance che nel passaggio dall’orizzontalità del pavimento alla verticalità del muro acquistano un consapevole valore estetico. In questi quadri si materializzano sinesteticamente paesaggi modulati da passi, intervalli, slanci, variazioni, giri, inciampi, contrappunti, sottolineature e altrettante marcature quante sono le possibilità di linguaggio del corpo e nella struttura delle loro trame si osservano le traiettorie visive del colore, calpestato, strisciato, disseminato.
La materia sembra esplosa ad un livello pulviscolare. I colori sono sotto ad una nebbia grigio purpurea e macchie di colore indefinito e variabile in cui sono fusi per mezzo dell’azione del nero presente in uguale misura agli altri colori, giallo, rosso, blu, verde, sparsi in costellazioni multicolori. Segni di strisciate di chi l’ha percorsa aggiungono bagliori ed epifanie improvvise. I colori e le tracce affiorano nel calco performativo offerte ai sensi piuttosto che alla memoria di sé che il non finito riporta a chiarezza lasciando vedere l’origine del segno.
Il colore-luce porta ad un parallelo con l’arte impressionista mentre alcune suole a puntini creano una trama tipica del “pointillisme”. Se queste opere fossero musica sarebbero un’improvvisazione dall’impianto minimalista o jazzistico, quella denominata “echtzeitmusik” (tempo reale) che è anche il titolo di una recente performance al Museo Bilotti di Roma; d’altra parte Baldo Diodato ha realizzato insieme ad Antonio Caggiano diverse performance musicali tramite la percussione dei suoi allumini. Diodato si serve di un senso geometrico che costruisce spazi per lassi temporali, moduli e caso. Ne sono esempio quelle opere che inglobano il nastro adesivo utilizzato nella stesura della tela sul pavimento. Durante questa fase sono stati predisposti al di sotto dei supporti pronti per essere messi al muro durante la performance. Questi frammenti testimoniano una fase intermedia del corso dell’azione e si distinguono per la presenza ancora del bianco della tela nello sfondo e rivelano invece una spiccata tempera espressionista.
Il loro negativo, ovvero le opere che contengono questi tagli, costituiscono un lavoro assolutamente inedito nella sua opera. Chiamati istintivamente tagli condurrebbero ad un parallelo con quelli di Fontana per lo sfondamento della dimensione della tela nello spazio, che pure è stata realizzata con la performance. Hanno l’aspetto di essere finestre sul mondo - in linea con la “Finestra sul Mondo”, acciaio inossidabile a specchio, installazione presso il Philadelphia Museum of Art nel 1975 - e letteralmente sulla realtà lì presente in quel vuoto che non è assenza ma presenza. Per questo sono presentate in un modo che è in parte anti-formale, che lascia la sensibilità della piega naturale, dato che non sono sistemati su supporti come dei passe-partout. Nella ricerca di Baldo Diodato si manifestano in quanto prelievi di opere all’interno dell’opera e perciò visualizzazioni di infiniti più che di sparizioni d’immagini. I tagli sono piuttosto tutte le opere della performance, i frammenti dell’immagine-tempo catturata dal perfomer-regista-pittore in cui ogni sfumatura e incidente assume il suo valore.
Osservando in questo senso un’estetica fatta di tentativi, inciampi ed insolite soluzioni si potrebbero mettere a confronto queste opere con quelle realizzate dall’intelligenza artificiale. Il piede al pari del computer è un’estensione di sé. Entrambi devono imparare come fare un quadro astratto ed hanno nello stesso tempo un proprio linguaggio. La performance potrebbe equivalere quindi ad un esempio di interazione con l’algoritmo impostato dall’artista che bilancia controllo e caso.
Accogliendo l’unicità, la varietà e l’imprevedibilità di una “danza della realtà” in un “teatro vivente” Baldo Diodato però non ha mai voluto realizzare un quadro astratto con un programma ma principalmente non ha mai iniziato né finito di vedere e stupirsi di cosa si manifesta in una contemplazione istantanea.