Paula Doepfner: Next Time I See You
Galleria Mario Iannelli è lieta di annunciare la mostra personale di Paula Doepfner dal titolo Next Time I See You, in cui sono presentate nuove e recenti opere.
Paula Doepfner ha sviluppato un linguaggio organico tra vari materiali e media differenti - dal disegno, all’installazione, alla performance - che dà vita ad uno spazio di interconnessione tra natura, arte e scienza.
Nei suoi lavori, testi di poesia, musica, filosofia e neuroscienza, sono uniti come fossero flussi di pensieri e reti neurali; altre volte sono contenuti insieme a piante, anch’esse inserite in blocchi di ghiaccio che si sciolgono nel corso della mostra. Il disegno è una sorta di dispositivo progettuale che nasce dall’osservazione della natura e diviene scrittura. Attraverso questa pratica, in cui l’esperienza razionale e irrazionale dialogano tra loro, le sue opere sono immagini poetiche e rappresentative di come la nostra coscienza funziona.
Ma come funziona la nostra coscienza?
E’ una domanda a cui cercano di rispondere sia neuroscienziati che poeti, sia biologi che filosofi, sia chi solo osservi l’intelligenza della natura.
Studi sulle piante hanno verificato la loro straordinaria capacità ricettiva verso le emozioni umane; inoltre hanno anche dimostrato che queste usino i propri sensi con un fine interconnettivo. Ne sono un esempio i pini di Roma che uniscono tra loro i rami per proteggersi contro il vento e così facendo contribuiscono in maniera essenziale alla nostra vita e a quella di altre specie animali.
Nella ricerca neuroscientifica sulla coscienza, le correlazioni neurali hanno un ruolo centrale esattamente come per Bob Dylan lo hanno alcune immagini come ad esempio the yellow railroad in the ruins of your balcony nel testo di Absolutely Sweet Marie.
E’ proprio da questa canzone che Paula Doepfner ne recupera un verso But where are you tonight sweet Mary per il titolo di una sua opera in mostra. Non solo omaggia la grandiosa lirica del cantautore statunitense, ma anche l’esperimento del filosofo australiano Frank Jackson che immagina Mary, una neuroscienziata che studia i colori, isolata in una vita fatta di un’unica visione in bianco e nero, che entra improvvisamente a contatto con un oggetto rosso.
In una sua performance - realizzata in collaborazione con un contrabbassista - Paula Doepfner si cala in un altro esperimento altrettanto sinestetico, dipingendo bendata con le mani sui muri di una stanza chiusa e producendo suoni minimi e ridotti, muovendo foglie e rami.
Tutte le sue opere riflettono questo processo di presa di coscienza del sé e quindi sono sottoposte a continui processi di metamorfosi, organica o simbolica.
All’entrata della galleria, M’avresti consolato, un blocco di ghiaccio che si scioglie pian piano liberando al suo interno piante e testi scritti a mano dall’artista, che giace a terra su una lastra di metallo corrosa lentamente. Sempre nella prima sala, Giorno per giorno, un wall painting dai tratti accennati e delicati realizzato con pigmenti neri. Anch’esso effimero come la memoria transitoria dell’installazione stessa.
Nella seconda sala, Graveyard dream blues, un’installazione work-in-progress di opere su carta, disegni, sketches e pagine prese da libri.
Il dittico di vetro I’ve been shooting in the dark too long when something is not right it’s wrong separa la seconda dalla terza sala. I pigmenti interni alle lastre, riportano alla memoria la gravità perduta dei fiori secchi, pressati e sospesi in delicate formazioni, contrastate dalle crepe presenti su un vetro blindato che ne risalta lo splendore dei colori intensi.
Chiude la mostra But where are you tonight sweet Mary, che necessita di una visione più attenta e dettagliata. Si tratta di un’opera su carta in cui testi scritti in caratteri piccolissimi sono vicini al dissolversi nello spazio e nella capacità percettiva, formando complessi grafici, simili a rappresentazioni del sistema nervoso o a informali partiture di musica. Un lavoro meticoloso paragonabile ad un’altro ongoing work, I Pini di Roma, in cui Paula Doepfner è arrivata a contarne 8.300 al momento.
Con il titolo della mostra Next Time I See You, tra le forme di saluto più comuni, Paula Doepfner cerca una complice empatia con lo spettatore perché esso stesso nasconde in sé il messaggio di presa di coscienza – in questo caso verso l’altro - liberando così uno spettro di emozioni e tensioni.